A proposito della rivoluzione romantica dei generi (per la verità propiziata già dal rimescolamento delle classi sociali nella Rivoluzione francese, che "libera" la rappresentazione artistica da una rigida suddivisione sociale >> tragedia = eroe, aristocratico; commedia = "villano", di bassa condizione; vedi anche "Ruota di Virgilio").
Alcune osservazioni sul realismo creaturale sulla scia del grande filologo romanzo Erich Auerbach, "inventore" di questo concetto letterario e culturale.
Il passo seguente è tratto da un saggio-conversazione di due importanti filologi, Lorenzo Renzi e Donatella Pini, che tratta dei caratteri costitutivi del romanzo partendo dal Don Quijote di Cervantes. Volendo, potete approfondire qui.
"La separazione classica degli stili viene abbattuta la prima volta dal
Cristianesimo, che lo fa più o meno implicitamente in conseguenza della concezione figurale. Ma c’è una seconda volta, e questa volta è il
Romanticismo, che scuote tutto l’edificio della retorica riflettendo nella letteratura il
rimescolamento delle classi sociali (comprese nella teoria degli stili, lo ricordiamo) così
come avveniva per la prima volta nella storia alla fine del secolo XVIII con la
Rivoluzione francese. Sono questi i due momenti, molto diversi tra di loro, in cui
culmina la rappresentazione piena (non limitata da barriere sociali) della realtà, le due
fasi di culminazione del realismo: realismo cristiano, figurale e creaturale, il primo,
realismo laico e sociale il secondo. Sono - come dice Auerbach - le due “brecce” aperte
nella teoria dei livelli stilistici” (Mimesis, 1964, II: 340, “Conclusione”)".
Erich Auerbach
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